Sono nel vento. Il racconto della Shoah by Andrea Delmonte

Sono nel vento. Il racconto della Shoah by Andrea Delmonte

autore:Andrea Delmonte [Delmonte, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
editore: PaperFirst
pubblicato: 2022-01-14T23:00:00+00:00


Via Silvio Pellico 7

«Prof, ma non è che lei sotto sotto voleva insegnare religione?»

«Perché me lo chiedi?»

«Prima la sinagoga, ora il duomo», dissi indicando la principale chiesa di Milano che svettava al centro della piazza.

«No, tranquillo. È che dobbiamo passare di qui per arrivare alla nostra quarta tappa. A proposito: volete una doppia o una singola?»

Io e Francesco guardammo con occhi interrogativi il professore.

«Io doppia mozzarella, grazie».

«Ah ah ah», rise il professore. «Non è per la pizza, è per la camera d’albergo».

«Ma quale albergo?», disse Francesco.

Da via Corridoni avevamo camminato per un bel tratto di Milano fino a giungere in una Piazza Duomo piena di gente. C’era un gran sole e centinaia di persone indaffarate in attività diverse: turisti ammorbati dai piccioni, signore con appese alle braccia buste traboccanti di shopping, gruppi di ragazze che ballavano coreografie davanti alle vetrine sognando di entrare ad Amici di Maria De Filippi.

Il professor Brambilla aveva il telefono in mano: «Dunque, vediamo un po’: Booking dice che ci sono due camere doppie disponibili: le prenoto, ok?»

Io e il mio bro’ ci guardammo interrogativi, ma il prof era già ripartito verso la Galleria e si fermò in via Silvio Pellico davanti a un edificio piuttosto elegante che diceva di essere la Bank of China.

«Eccoci qui, ecco le nostre camere», disse il prof soddisfatto.

«Prof, ma le capita spesso di dormire in banca?»

«Bro’, guarda la lapide».

«Quale lapide?»

«Quella lapide, Mattia», precisò il prof indicando un rettangolo di marmo posto a fianco del portone principale. «Che ora vado a riassumerti. Questo edificio era un albergo. Come vedete è nel salotto buono di Milano, a due passi dal duomo e dal Teatro alla Scala. Oggi è la banca cinese, ma nel periodo della nostra storia è stato il quartier generale dell’esercito tedesco».

«Be’, non male come caserma!»

«Già, quando i tedeschi invadevano si mettevano comodi… Questo hotel era il quartier generale della Gestapo e dei Servizi segreti delle ss. E qui dentro vennero torturate e ammazzate molte persone che si opponevano ai tedeschi: ebrei, ma anche partigiani o semplici antagonisti politici».

«Quindi, prof, questa lapide è una specie di pietra, anzi un pietrone d’inciampo».

«Esatto, questa lapide svolge la stessa funzione, e cioè ricordare che qui furono uccise molte persone. È stata voluta dall’anpi, che è l’associazione dei partigiani, perché per molti anni a seguire, dopo la fine della guerra, l’Hotel Regina ritornò a essere un hotel con il portiere alla reception e le stanze dotate di ogni comfort. Il ritorno alla normalità rischia sempre di portarsi via il passato e, soprattutto, far sì che il passato possa tornare. Quindi, una decina di anni fa, i partigiani milanesi firmarono una petizione popolare per mettere questa lapide».

«Ben fatto».

«Adesso tocca a noi fare un gesto simbolico», disse il prof estraendo il suo smartphone. «Cancello la prenotazione delle due camere doppie all’ex Hotel Regina, ora Bank of China». E schiacciò lo screen del suo telefono su un immaginario Booking.com.

«E adesso», riprese subito dopo, «rimettiamoci in moto per l’ultima tappa del nostro giro. Anzi le ultime due».



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